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Ricordando il “sacro macello” di Valtellina

15 Luglio, 2020
Redazione
Culti
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A 400 anni dal massacro religioso di centinaia di protestanti accaduto nel luglio del 1620, la Chiesa  valdese di Roma via IV Novembre ricorda quei drammatici eventi nel culto di domenica 19 luglio..

“Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di quelli che erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che gli avevano resa (Apocalisse 6,9).”

Alle prime luci dell’alba di domenica 19 luglio 1620 quattro colpi di archibugio diedero il segnale. Le porte della cittadina di Tirano vennero sbarrate e le campane suonarono a martello. La popolazione si precipitò nelle strade, restando sorpresa da qualche centinaio di armati che massacrarono tutti i protestanti a colpi di archibugio, di spada o di bastone. Il cadavere del pastore riformato fu mutilato e schernito.

Completato il triste lavoro a Tirano, il piccolo esercito discese la valle, giungendo a Teglio quando la comunità riformata era riunita in chiesa per il culto. Presi a colpi di archibugio, i protestanti si chiusero nel tempio, finché il portone cedette. Alcuni, tra cui due bambini di sei anni, pensarono di mettersi in salvo sul campanile, al quale venne appiccato il fuoco.

A Sondrio, capoluogo della Valle, i protestanti riuscirono a organizzare una squadra di settanta armati che, nonostante la condizione di inferiorità, non venne attaccata dai ribelli, disposti evidentemente soltanto a massacrare, non a combattere. Gli evangelici inermi furono trucidati. Non bastando questi ultimi a placare il furore della soldataglia, il cimitero evangelico venne profanato e i cadaveri gettati nell’Adda.

A Berbenno, il cattolico Bartolomeo Porretto e altri presero posizione contro il massacro e furono uccisi assieme a tutti i protestanti del paese.

A Caspano, il sarto Andrea Paravicino riuscì a nascondersi e fu catturato alcuni giorni dopo. Invitato ad abiurare, rispose di essere “della fede Cattolica Romana antica, quale fu predicata dal Santo Paolo, che l’huomo è salvato per gratia mediante la fede, e non per le opere, acciò niuno si glori”. Gli venne chiesto se considerava il papa capo della chiesa, e rispose: “No, imperocché Christo solo è il Capo della Chiesa, secondo la promessa, io sarò con voi fin’ alla fine del mondo”. Salì sul rogo il 15 agosto.

Fomentata dall’odio di matrice controriformistica e finanziata dall’oro spagnolo, la strage di circa 700 protestanti della Valtellina costituì un’improvvisa spallata alla tollerante occupazione dei Grigioni. Le comunità evangeliche, che costituivano circa il 10% della popolazione (esclusa la zona di Bormio) e che avevano accolto personaggi di primo piano della Riforma italiana quali Ludovico Castelveltro, Pier Paolo Vergerio, Girolamo Zanchi e Scipione Lentolo, furono completamente sradicate. La successiva pace firmata a Milano nel 1639 imponeva il divieto di culto pubblico e privato di religione diversa dalla cattolica.

Di questa strage italiana, quasi del tutto dimenticata, restano la definizione dello storico cattolico Cesare Cantù “Il sacro macello della Valtellina” con cui è ricordata seppur da pochi, e i versetti biblici in italiano scolpiti sugli stipiti delle case anticamente appartenute ai protestanti, a mo’ di tenace e irriducibile testimonianza. Dice il Signore Gesù Cristo: “Vi dico che se costoro tacciono, le pietre grideranno” (Luca 19,40).

Ricorderemo questo episodio della nostra storia nel corso del culto di domenica 19 luglio, a 400 anni esatti dal massacro.

Per approfondire:

  • l’articolo del NEV – Agenzia di stampa della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
  • la videoconferenza del Centro Culturale Protestante di Bergamo.
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