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Culto del XVII Febbraio

16 Febbraio, 2021
Redazione
Culti
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Il 17 febbraio 1848 re Carlo Alberto firmò la legge che concedeva ai valdesi i diritti e le libertà civili e politiche nel regno di Sardegna. Mercoledì 17, alle ore 18:30, presso la Chiesa valdese di via IV Novembre si terrà il Culto di ringraziamento e commemorazione, al quale sono invitate tutte le Chiese sorelle della Capitale. Si consiglia caldamente ciascuna e ciascuno di preavvisare il Concistoro della proprio partecipazione.

Di seguito sono proposti l’articolo a firma del fratello Andrea Demartini, “Gelosi di Dio”, comparso sul numero del presente mese della circolare di Chiesa, e il testo delle Lettere Patenti di re Carlo Alberto.

“Gli fu rivolta la parola del SIGNORE: «Che fai qui, Elia?» (…) rispose: «Io sono stato mosso da una grande gelosia per il SIGNORE»”  (I Re 19,9-10)
Che fai qui Elia? Una domanda netta, che esige chiarezza. Nel 1848, anche alla Chiesa Valdese veniva posta questa domanda.
Fino ad allora la storia valdese era come la fuga di Elia. Non fuga per viltà ma per scampare alla morte: morte fisica o la morte spirituale dell’abiura.
Dio chiede: Che fai qui?. La risposta è istintiva ma non sinceramente creduta. Si confessa la gelosia per il Signore, ma anche il timore per la propria vita.
Il Signore interviene e rivela proprio quella gelosia che è il cuore della confessione di fede. La gelosia è l’essenza di Dio, motore della sua azione: zelo esclusivo che non tollera altro nome che il Suo e fonda la relazione con l’uomo.
Il Signore si rivela, ma non come ci si aspetterebbe: sulla soglia della spelonca ogni idea umana su Dio viene meno.
Si rivela in un suono dolce, nel gesto di un re che estende diritti a una minoranza, in un uomo crocifisso.
Dio richiede: Che fai qui?. Ora la risposta, fondata sulla rivelazione, è vera confessione di fede. Ecco allora il Suo mandato: Vai!
La confessione di fede non ha cambiato il mondo, che rimane ostile all’Evangelo. Non ha cambiato il credente, che rimane incline al peccato.
Ma il mandato di andare a proclamare l’Evangelo crea vita nuova, rende il credente forte nel Nome che confessa.
I valdesi poterono andare a predicare in Italia questo Evangelo perché la potenza di Dio si era rivelata nella loro debolezza.
Anche a noi è posta la domanda. La tentazione è sempre quella della fuga, della confessione di fede balbettata. Ma non stupiamoci quando questo non ci sarà contato come giustizia.
Solo proclamando lo zelo bruciante di Dio in Cristo ci sarà dato di testimoniare quello zelo come l’unica salvezza del mondo.

Carlo Alberto, per grazia di Dio re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, duca di Savoia, di Genova, ecc. ecc. principe di Piemonte, ecc. ecc. Prendendo in considerazione la fedeltà ed i buoni sentimenti delle popolazioni valdesi, i Reali Nostri Predecessori hanno gradatamente e con successivi provvedimenti abrogate in parte o moderate le leggi che anticamente restringevano le loro capacità civili. E Noi stessi, seguendone le traccie, abbiamo concedute a que’ Nostri sudditi sempre più ampie facilitazioni, accordando frequenti e larghe dispense dalla osservanza delle leggi medesime. Ora poi che, cessati i motivi da cui quelle restrizioni erano state suggerite, può compiersi il sistema a loro favore progressivamente già adottato, Ci siamo di buon grado risoluti a farli partecipi di tutti i vantaggi conciliabili con le massime generali della nostra legislazione.
Epperciò per le seguenti, di Nostra certa scienza, Regia autorità, avuto il parere del Nostro Consiglio, abbiamo ordinato ed ordiniamo quanto segue:
I Valdesi sono ammessi a godere di tutti i diritti civili e politici de’ Nostri sudditi; a frequentare le scuole dentro e fuori delle Università, ed a conseguire i gradi accademici.
Nulla è però innovato quanto all’esercizio del loro culto ed alle scuole da essi dirette.
Date in Torino, addì diciassette del mese di febbraio, l’anno del Signore mille ottocento quarantotto e del Regno Nostro il Decimottavo.

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cultifebbraio
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